Scuola: valutazione degli alunni con disabilità intellettive. La posizione di CoorDown
La difficile realtà che sta vivendo la scuola e i futuri passaggi che aspettano gli studenti con disabilità intellettive hanno aperto un dibattito sulle misure da adottare in merito all’inclusione scolastica e le modalità di valutazione negli esami di fine anno.
Qui il documento di posizione di CoorDown
Questo periodo di grave emergenza sanitaria, sociale ed economica ha richiesto strette disposizioni restrittive e uno sforzo eccezionale da parte del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, delle scuole di ogni ordine e grado, dei Dirigenti Scolastici e di tutti i docenti, con la conseguente attivazione di metodologie didattiche nuove e diverse dalle lezioni in presenza, e l’avvio di attività formative a distanza le quali, nonostante siano supportate da piattaforme digitali, risultano di non facile applicazione e fruizione, sia per i docenti che per le famiglie e gli studenti.
A maggior ragione, tali difficoltà aumentano soprattutto per gli studenti con disabilità, in particolare per la disabilità intellettiva, relazionale e sensoriale.
Sappiamo che il periodo della scuola è per tutti i giovani, sotto l’aspetto individuale, di fondamentale importanza per crescita adolescenziale e personale. Se però pensiamo alle giovani persone con disabilità, l’età scolastica è forse l’unico momento di vera inclusione sociale con i coetanei e l’isolamento è, in alcuni casi, addirittura regressivo rispetto alle conquiste di abilità e autonomie personali acquisite.
Rispetto alle accennate difficoltà tra la didattica a distanza e gli studenti con disabilità, in particolare per quelli con disabilità intellettive e relazionali, la soluzione che già abbiamo ben definito e illustrato di recente al Ministero, all’attenzione dell’onorevole Ministra e dei suoi Dirigenti, è che dobbiamo riprendere e aggiornare insieme alla famiglia i cosiddetti “PEI sospesi”, ovvero i Piani Educativi Individualizzati che in questa fase scolastica sono interrotti, “sospesi” appunto, alla luce delle azioni messe in essere per ogni singolo studente con disabilità dalla propria istituzione scolastica e quindi, su quest’ultima revisione del PEI, basare la valutazione didattica dello studente.
Questo deve valere a maggior ragione per la scuola secondaria di secondo grado, nello specifico per gli studenti con disabilità dell’ultimo anno delle superiori che seguono il percorso “semplificato” o per “obiettivi minimi”, i quali dovranno affrontare l’Esame di Stato e sono particolarmente penalizzati, sotto l’aspetto didattico, dall’attuale situazione di emergenza sanitaria.
Premesso tutto ciò, in merito al contributo pubblicato il 9 aprile scorso da «Superando.it», intitolato Riflessioni sulla valutazione degli alunni con e senza disabilità, a firma di Salvatore Nocera – che pur riconosciamo come grande esperto delle problematiche normativo-giuridiche relative alle persone con disabilità, nonché quale profondo conoscitore delle questioni legate all’inclusione scolastica – rispetto a quanto viene affermato sugli esami di alcuni alunni con disabilità che seguono un PEI differenziato e su accennati comportamenti di alcune famiglie definiti come «strani», in quanto avrebbero precedentemente preteso il PEI differenziato per quattro anni, per poi chiedere all’ultimo anno e anche ad anno in corso il PEI semplificato, minacciando, in caso di eventuale mancata ammissione agli esami, il ricorso al TAR, per ottenere un diploma illegittimo, si ritiene di non condividere tale posizione per quattro fondamentali motivi:
1. Riteniamo decisamente gravi, oltre che potenzialmente lesive, affermazioni generiche e non circostanziate circa i comportamenti di alcune famiglie volti all’ottenimento di un «diploma illegittimo», con la minaccia di eventuali ricorsi ai Tribunali Amministrativi, nonché di «azioni vessatorie nei confronti della Commissione» o di «paventate riconvocazioni agostane».
Questo pregiudizio può danneggiare la qualità dell’inclusione scolastica. Laddove infatti vi fossero comportamenti illeciti, quest’ultimi dovrebbero essere denunciati, in quanto lesivi dell’immagine e della correttezza delle famiglie e delle associazioni che operano nel rispetto delle leggi sull’inclusione scolastica, e perseguiti in quanto responsabilità soggettiva, ma non dovrebbero essere generalizzati, soprattutto in questo grave momento.
2. Nella definizione del PEI differenziato o semplificato (per obiettivi minimi), non risulta essere prevalente la famiglia, ma l’indicazione del Consiglio di Classe e del Dirigente Scolastico, soprattutto in caso di disabilità intellettiva. Prevale cioè la posizione dei docenti che, nella maggior parte dei casi, preme sulla famiglia e la conduce al percorso del PEI differenziato, anche con una futura prospettiva (per lo più remota) di possibili cambiamenti durante il percorso scolastico.
3. Riteniamo altresì riduttivo e improponibile per gli alunni con disabilità intellettiva, che più di altri hanno la necessità di un’interazione diretta e personalizzata, la proposta fatta al Governo di “ripristinare” la trasmissione Non è mai troppo tardi del maestro Manzi, sicuramente “mirabile” per gli Anni Sessanta, appunto, ma che era un corso di istruzione popolare per il recupero dell’adulto analfabeta, mentre nella nostra era digitale esistono piattaforme, supporti informatici e programmi utili per una didattica personalizzata.
4. Siamo assolutamente contrari a una presunta proposta – che ribadiamo debba considerarsi solo come una posizione personale – di modifica della normativa vigente che consente «alle famiglie di chiedere in ogni momento il passaggio da un PEI differenziato ad uno semplificato».
Ricordiamo tutti, almeno ancora una volta, con quale grande fatica, quanto tempo e quali azioni, tra manifestazioni pubbliche, azioni di sensibilizzazione e promozioni legislative, i nostri “padri nobili” si siano battuti per l’affermazione e la difesa dei diritti delle persone con disabilità e dei princìpi fondamentali in tema di riconoscimento dei diritti di pari opportunità e di non discriminazione. Grazie a tutto ciò sono state approvate ad esempio la Legge 104/92 in Italia e la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. A noi ora spetta solo il dovere di renderli fruibili e attuabili per tutti. Chiediamo quindi di evitare posizioni generiche che vanno a ledere i diritti e che danneggiano le persone direttamente interessate e le loro famiglie, specialmente se espresse da chi opera nel nostro àmbito.